Una parte importante del mio lavoro è sicuramente la scrittura; mi occupo di scrivere in diversi contesti , dai bandi alle note di sala, dai post sui social ai progetti, fino ai saggi.
Ad ognuno di questi testi va dedicata attenzione, richiedono un approccio particolare perché si rivolgono a lettori differenti [ah, la segmentazione! Un concetto che torna!].
IL SAGGIO: DI COSA SI TRATTA
Wikipedia recita: “Il saggio è uno scritto critico in prosa, a carattere scientifico o divulgativo, su un determinato argomento, come per esempio scientifico, politico, filosofico, letterario, storico, storiografico, artistico o di costume, trattato in modo non formale e di limitata estensione rispetto a scritti con una trattazione più ampia”: si tratta del famoso testo argomentativo dell’esame di maturità, sebbene molto più strutturato.
C’è ancora necessità di leggere saggi? La mia risposta è: decisamente sì!
Personalmente leggo saggi riguardanti gli argomenti più disparati, dalla politica all’economia, dal marketing alla sociologia e – naturalmente – anche la musica e la musicologia sono i temi più amati!
TRA MUSICA E TEATRO: PAOLO GRASSI
L’ultimo saggio di cui mi sono occupata riguarda Paolo Grassi, organizzatore culturale di grande esperienza che ha segnato la storia della città di Milano. Proprio nel 2019 Grassi avrebbe compiuto cento anni e in questa occasione saranno molte le celebrazioni; prima tra tutte la mostra che si terrà a Palazzo Reale a Milano da sabato prossimo, 26 gennaio, fino al 24 marzo. Ho avuto l’opportunità di scrivere un saggio sugli anni di Grassi come sovrintendente al Teatro alla Scala, che sarà contenuto nel catalogo della mostra che vi consiglio davvero di visitare: Paolo Grassi ha completamente rivoluzionato l’approccio della città alla cultura, sia nel suo lavoro al Piccolo Teatro di Milano sia, appunto, alla Scala, sia in RAI.
Si tratta di un personaggio davvero complesso, pieno di contraddizioni e di sicurezze, stimolante e che in alcuni momenti mi ha messa in soggezione per l’estrema portata del suo lavoro, per l’impronta che ha lasciato a cui tuttora chi si occupa di organizzazione culturale non può non far riferimento.
COSA HO FATTO

Dopo aver accettato la proposta – arrivata telefonicamente mentre mi trovavo al bar del mio paese a giocare a briscola! – , finita la tremarella delle mie gambette corte ho iniziato a ragionare sul da farsi.
Conoscevo già Paolo Grassi, ma non in maniera approfondita; gli anni alla Scala sono un periodo decisamente circoscritto (dal 1972 al 1977) ma incredibilmente densi di avvenimenti che hanno cambiato le sorti del teatro: come porre il mio contributo nel mare magnum di testi su Grassi e sulla Scala stessa?
Avevo poche indicazioni: evitare gli accademismi, essere precisa ma non rivolgermi solo agli addetti ai lavori, essere puntuale ma non pedante.
Ecco come ho scelto di procedere:
HO LETTO TUTTO QUELLO CHE POTEVO
Altri saggi, di epoche diverse; articoli di giornale; critiche agli spettacoli in programmazione alla Scala in quegli anni; le lettere di Paolo Grassi, che – fortuna nostra – scriveva moltissimo, a tutti.
MI SONO PRESA TEMPO PER RIFLETTERE
Mi sono appuntata cose fondamentali, pensieri ricorrenti e soprattutto ho individuato quelle che secondo me erano questioni aperte, che i numerosi saggi precedenti non avevano ancora preso in esame in maniera completa.
DOPO AVER VALUTATO, HO AGITO
Mi sono messa a scrivere dopo un bel po’ di tempo; per farlo ho chiuso libri e appunti: avevo in mente i temi principali e quello che volevo uscisse dal mio saggio.
Ho pensato tutto il tempo al saggio che avrei voluto leggere sugli anni alla Scala di Grassi, il saggio che ho cercato immensamente mentre mi documentavo e che non ho mai trovato.
Per diverso tempo questa ricerca senza alcun frutto mi aveva preoccupata molto, poi ho capito che il saggio che volevo non dovevo leggerlo, ma scriverlo.
COM’E’ ANDATA?
Ancora non si può dire, perché il tutto sarà presentato venerdì 25 gennaio a Palazzo Reale e la mostra aprirà al pubblico dal 26; lì ci sarà il catalogo che contiene il mio lavoro.

Qualcuno in futuro lo userà per conoscere l’approccio di Grassi al teatro in musica? Qualcuno capirà meglio quella svolta incredibile della Scala attraverso la mia analisi?
Questo mi auguro, di aiutare studenti o semplici curiosi a capire come un organizzatore culturale – un poeta dell’organizzazione, come amava definirsi Grassi stesso – possa davvero cambiare le sorti della fruizione, vedendo prima di chiunque altro le potenzialità della realtà in cui opera.