Iniziamo maggio con un post che parla di lavoro [ieri infatti era il primo maggio, festa dei lavoratori, che si festeggia proprio in questa data per vari motivi], nello specifico della vita da freelance.
Ci sono molte risorse utili in merito, ma tante volte non è chiaro cosa voglia dire concretamente avere una partita IVA e quali obblighi comporti.
QUANDO LAVORI A PARTITA IVA NON SEI UN DIPENDENTE
“Ma va?!” direte voi.
So che sembra una banalità, ma non lo è per niente.
Avere la partita IVA significa poter avere più clienti; per averli dovete avere tempo e modo per farlo.
Una cosa da ricordare sempre è che la persona per cui lavori è il tuo cliente, non sei tu un suo cliente; dobbiamo ricordarlo noi e spesso ricordarlo anche ai clienti.
Questo chiarisce i ruoli, che è il primo passo per un rapporto di lavoro sano. Niente sensi di colpa nel dire a un cliente che il tuo tempo non è tutto dedicato a lui, e attenzione alle condizioni di un contratto. A questo proposito – adoro queste coincidenze! – Ivan Rachieli e Enrica Crivello hanno fatto una diretta Facebook proprio nella giornata del primo maggio, date un’occhiata!
“OH CHE MERAVIGLIA! LAVORI QUANDO VUOI!”
Ecco, non è proprio così. Avevo già parlato sul blog del fatto che la vita da freelance non è una bacheca Pinterest; spesso infatti tutta la comunicazione per immagini da cui siamo sommersi sembra farci credere che basta avere un Mac e in un attimo si può volare su una spiaggia caraibica e lavorare da lì. Beh, la realtà è un’altra. Anche se effettivamente la partita IVA offre un’elasticità che in un lavoro da dipendente sarebbe impensabile, ogni libero professionista è comunque immerso nel mondo reale e, come ogni altro professionista, ha a che fare con altre persone, altre realtà che nella maggior parte dei casi lavorano cinque giorni su sette negli orari d’ufficio, questo significa che scegliere di lavorare solo dalle 23 alle 5 del mattino sarebbe comunque un po’ difficile [a meno di strani giochi di fuso orario].
Quando si è liberi professionisti, non si lavora quando si vuole, ma si lavora molto.
Specialmente all’inizio.
Scordatevi la vita rosa e fiori fatta di “questa settimana avevo troppo bisogno di una pausa, allora mi sono presa 4 giorni liberi dal martedì al venerdì”; si può fare, certo, ma bisogna tener conto di molte variabili.
Una cosa che spesso mi sono sentita dire è: “vorrei tantissimo fare qualcosa di mio, ma non posso rinunciare al tenore di vita che mi dà lo stipendio sicuro da dipendente, ogni mese”; inutile dire che vanno messe le esigenze sulla bilancia e bisogna chiedersi: a cosa sono disposta a rinunciare? Quanto sono disposta a scommettere?
Come spesso accade, la vita degli altri vista da fuori sembra strepitosa – anche perché spesso è raccontata così – ma sono convinta che mai come in questo contesto sia utile essere trasparenti per un confronto sincero e utile.
AVERE LA PARTITA IVA NON TI IMPEDISCE DI ESSERE ANCHE DIPENDENTE

Con i dovuti accorgimenti, in vari casi, è possibile svolgere attività da dipendente ed avere anche la partita IVA; non ho le competenze per spiegarvi se-come-quando si può fare, naturalmente la persona giusta a cui chiedere è un commercialista [online consiglio Carlotta Cabiati], posso parlarvi però della mia esperienza.
Da ottobre 2017 infatti insegno educazione musicale [e potenziamento con corsi di chitarra pomeridiani] presso una scuola secondaria di primo grado, un incarico annuale che terminerà a giugno con i tanto temuti esami. Dopo ormai sette mesi, posso tirare le somme di quest’esperienza che è stata tanto inattesa quanto impegnativa.
Il lavoro dell’insegnate impegna al massimo 18 ore settimanali: 18 ore di lezione in classe, più il resto degli impegni. Il mio contratto prevede un impegno di 12 ore a settimana, in pratica vado a scuola un giorno sì e un giorno no, a un’ora da casa mia.
Detta così, 12 ore alla settimana non sono niente. Ha parlato di questo argomento Francesca Manicardi di Punto F al Freelance Camp 2017, evidenziando quanto sia impegnativo giocare a tetris tra un lavoro da dipendente e il nostro lavoro freelance, sposo il suo speech praticamente in tutto e per tutto, ve lo consiglio vivamente perché rende bene l’idea delle situazioni in cui ci si trova.
LE COSE INDISPENSABILI
Programmare quanto più possibile, con il più largo anticipo possibile, è il consiglio che avrei voluto sentire a inizio anno.
Questo è fondamentale anche per chi fa “solo” il freelance, figuriamoci per unire due tipi di lavori così diversi! Stabilire una routine è ciò che mi ha salvata: ho un tot di tempo da dedicare alla scuola, le lezioni vanno preparate con largo anticipo, in modo da avere un programma definito per evitare di ritrovarsi nel panico la sera precedente.
Bisogna però dire che per forza di cose i programmi non andranno come avevamo immaginato: ogni classe è un caso a sé e durante l’anno si creano degli equilibri diversi, che fanno nascere nuove idee e possibilità. Rimanere ancorati rigidamente a un programma stabilito a priori non fa bene né a noi né ai nostri alunni; bisogna ricordarsi che è per loro che stiamo lavorando, abbiamo a che fare con delle persone di cui dobbiamo assolutamente tenere conto, prima di ogni altra questione pratica o burocratica.
Fare tutto è difficile ed è indispensabile ricordarlo, perché cederemo. Avere due lavori contemporaneamente non è mai semplice; in questo caso si tratta di due lavori diversi che però impegnano entrambi la mente: nessuno dei due è meccanico, ripetitivo, ma si tratta di una continua sfida e proprio per questo avere dei cedimenti o fare errori è inevitabile, quindi non bisogna affogare nei sensi di colpa.
QUELLO CHE HO IMPARATO
Il focus che vorrei fare è proprio sull’esperienza scolastica, che è stata interessante e per certi versi stravolgente e mi ha insegnato molto, anche riguardo la mia persona.
Ho imparato – confermato – che adoro stare sola, ne ho bisogno: ho bisogno dei miei spazi, di gestire il mio tempo, di stare in silenzio senza parlare con nessuno. Da freelance posso farlo tranquillamente [condivido spesso al scrivania con Matteo, che oltre ad essere il mio compagno d’ufficio è anche il mio compagno nella vita, quindi mi conosce bene e rispetta i miei bisogni], mentre a scuola è impossibile: anche le cosiddette ore buche non sono mai silenziose e l’idea di dedicarmi al lavoro freelance nei ritagli di tempo a scuola s’è rivelata un’utopia.
I ragazzi, in un’età così difficile, hanno molto da dare: capirli non è semplice, entrare in contatto con loro, abbattendo in qualche modo l’enorme distanza che sentono nei nostri confronti è sicuramente la chiave di volta per creare un percorso che vada al di là delle tipiche attività didattiche.
La musica è un linguaggio universale – così si dice – ma anche estremamente personale, tanto che mettere in dubbio certe convinzioni dei ragazzi, proponendogli ascolti diversi, è quasi più difficile che scalare una montagna. Proprio per questo, come insegnanti, non bisogna mai smettere di interrogarsi, su cosa dire e, non meno importante, su come dirlo.
Ho imparato che, nonostante gli alti e bassi, quest’esperienza scolastica ha per me una valenza sociale: riuscire a passare qualcosa di così mio, qualcosa che mi ha davvero salvato la vita, è un’occasione importante e meravigliosa, perché forse, se farò bene il mio lavoro, qualcuno – magari anche solo uno – avrà un appiglio in più nella vita, qualcosa che gli rimarrà ben oltre i confini della scuola. E proprio per questo, alla fine, vale la pena di continuare a giocare a tetris con il mio tempo finché riucirò, tra la vita da dipendente e quella da libera professionista.